Autore: Lucia Magionami e Vanna Ugolini
Editore: Morlacchi Editore
Anno di pubblicazione: 2017
Mia Edizione: 1° edizione 2017
Genere: attualità
Valutazione: 5/5
Le autrici
Lucia Magionami, psicologa e psicoterapeuta, dal 2003 lavora sulla tematica della violenza di genere. Oltre alla libera professione che svolge presso i suoi studi a Firenze e Perugia, si occupa di formazione e sensibilizzazione sulla tematica della violenza di genere sia come libera professionista sia come consulente presso enti pubblici, inoltre è stata relatrice a più convegni riguardanti la violenza intra familiare. Ha fatto parte dell'associazione “Libertas Margot” con sede a Perugia, la quale ha costituito, a livello regionale, il primo sportello di ascolto per gli uomini che agiscono violenza. Dal 2015, sempre a Perugia, ha formato il primo gruppo di “Libroterapia: parole lette, emozioni raccontate”, che organizza cicli di incontri di terapia di gruppo per parlare di emozioni e di sentimenti attraverso i libri scelti dal terapeuta per fare un viaggio attraverso la psiche.
Vanna Ugolini, laureata in Economia, giornalista professionista, è vice-caposervizio alla redazione di Terni de «Il Messaggero», è madre di tre figli. Si è occupata di cronaca nera e giudiziaria seguendo i casi più importanti avvenuti prima in Romagna e poi in Umbria. Ha partecipato come docente a master post-universitari sulla comunicazione per l’Università degli Studi di Perugia e come relatrice a numerosi convegni su temi legati allo sfruttamento della prostituzione e violenza contro le donne. Nel 2011, insieme al Siulp, (sindacato di polizia) ha prodotto un documentario verità sullo spaccio di droga a Perugia dal titolo "Zbun. Cliente." Ha pubblicato diversi libri tra cui "Tania e le altre". Storia di una schiava bambina(Stampa Alternativa, 2007), con cui ha vinto il Premio Le Ragazze di Benin City (2008) e "Nel nome della cocaina" (Inter-media Edizioni, 2011). È stata presidente dell’associazione Libertas Margot, composta da professionisti che si occupano di violenza di genere.
Trama (dalla retro della copertina)
Una giornalista e una psicologa insieme per capire cosa passa nella mente e nel cuore degli uomini che hanno ucciso le loro donne, per tentare di riconnettere esperienze di femminicidi alla realtà dei fatti ma, anche, al contesto culturale e al percorso psicologico che porta uomini normali a diventare assassini e a non assumersene, però, nel profondo, la responsabilità. Dalle interviste di Luca, Giacomo, Luigi risulta chiaro che non sono mostri, non sono malati. Sono persone normali. Le autrici lo affermano con forza: non ci sono raptus, né scatti d’ira, il percorso verso il femminicidio è più lungo, lastricato di silenzi, di prigioni culturali, di diversi modi di intendere la vita, dell’incapacità di dare un nome ai sentimenti, alle situazioni e quindi di riconoscerle.
«Arriviamo a un punto e decidiamo se usare la ragione o la forza. vogliamo mantenere ad ogni costo il potere su una persona fino ad arrivare a toglierle la vita o se vogliamo amare, liberamente, accettare che questo possa finire e possa far male.»
Recensione
Mi sono imbattuta in questo libro assolutamente per caso. Se avete letto i miei precedenti post, allora saprete già che faccio parte di un gruppo FB dedicato ai libri, e alla lettura in generale. Mentre promuovevo il blog, sono stata contatta da Lucia Magionami, che mi ha chiesto se volevo recensire questo volume. Detto fatto: me ne sono procurata una copia, ed eccoci qua.
Prima di parlarvi del libro, sappiate che questa per me è stata una delle letture più commoventi, più dure e più emozionanti che io abbia mai affrontato. Il tema trattato mi colpisce nel profondo: quando frequentavo le scuole superiori, le classi del 5° anno sono state invitate a partecipare attivamente alla giornata contro la violenza sulla donna. Nello specifico, io ed una mia compagna di classe abbiamo presentato, durante un convegno pubblico nel mio paese, il nostro progetto sul tema.
E' stata un'esperienza davvero emozionante, e leggendo questo libro ho provato le stesse sensazioni di allora: un misto di stupore, di incredulità e anche di sgomento. Come è possibile che una persona arrivi a togliere la vita ad un altro essere umano, che per di più diceva di amare? Ed è proprio a questa domanda che le autrici cercano di dare una risposta.
Prima parte
Il libro si suddivide in due parti: la prima è a cura di Vanna Ugolini, che ha incontrato tre uomini condannati in via definitiva per aver ucciso le loro compagne, madri dei loro stessi figli. La giornalista racconta, con un linguaggio efficace e diretto, la sua esperienza: le sensazioni che ha provato ascoltando quelle testimonianze, di cui riporta fedelmente lunghissimi stralci, i suoi pensieri e le sue conclusioni.
Se deciderete di leggere anche voi questo libro, scoprirete come queste persone si sono costruite intorno una rete di bugie e di negazioni per non ammettere la realtà, cercando in tutti e tre i casi di trovare un colpevole diverso da loro stessi.
Luca in questa lunga intervista aveva spostato tutti i piani: aveva minimizzato quello che era importante e dilatato i particolari meno influenti. Aveva riso quando avrebbe dovuto commuoversi. Aveva usato parole di circostanza quando il suo cuore doveva grondare di dolore. Aveva giocato a carte con le responsabilità, sperando che mescolare in fretta il mazzo non facesse riconoscere chi era innocente e chi colpevole. E aveva cercato di travestire da colpevoli altre persone cui aveva fatto calcare la scena di questa tragedia raccontata a distanza.
Leggendo queste interviste, sono sincera, ho provato davvero molta paura. Paura provocata dal percorso comune che ha portato questi uomini (persone normali, come specificato da entrambe le autrici) a compiere un gesto così estremo.
Altro aspetto che mi ha colpito molto di questo libro, è il fatto che affronta il tema da un punto di vista inedito, almeno per me: sono gli uomini che raccontano la loro esperienza. La maggior parte delle volte in cui si parla, purtroppo, di queste vicende, lo si fa attraverso le parole dei parenti, degli amici, dei figli della vittima. Difficilmente è il diretto interessato a parlare di sè.
Inoltre, grazie proprio allo stile di scrittura dell'autrice, mi sono sentita molto coinvolta nella lettura: in alcuni momenti mi è sembrato quasi di essere lì con lei mentre intervistava quelle persone. La giornalista poi è da ammirare: non è da tutti affrontare a muso duro una persona accusata di aver ucciso una donna. E' lei stessa che riconosce le sue difficoltà in questo senso:
Nessuno ti insegna [...] a superare sentimenti d'impeto come rabbia e impotenza, istinti come la necessità di vomitare.
Beh, per quanto mi riguarda c'è riuscita benissimo. Anzi, la sue attente spiegazioni aiutano il lettore a calarsi in questo percorso di riflessione sulle cause di un terribile male sociale, che sempre più spesso miete vittime colpevoli solo di voler essere sé stesse.
Seconda parte
La secondo parte del libro è invece curata dalla psicologa Lucia Magionami. A differenza della prima metà, caratterizzata da uno stile narrativo tipicamente giornalistico, qui siamo effettivamente di fronte ad un puntuale studio sulle cause psicologiche che possono portare al femminicidio.
Per questa ragione il registro linguistico utilizzato è spesso specifico del settore. Ma nonostante questo, l'autrice riesce ad esprimere benissimo i concetti che vuole trasmettere ai lettori, consentendo anche a chi non mastica la materia (come me, per esempio) di comprendere appieno gli argomenti proposti.
E' evidente poi l'attento lavoro di ricerca, evidenziato dalla ricca bibliografia finale e dalle numerose citazioni di studi (italiani e stranieri) sul tema. La Magionami spiega con maestria il lungo percorso di silenzi, incapacità di comunicare i propri sentimenti, incomprensioni, condizionamenti culturali e famigliari che, passando per un progressivo annientamento della donna, può condurre ad una conclusione così tragica come il femminicidio.
Le due sezioni del libro sono interconnesse tra loro: leggendo questo studio è impossibile non pensare agli atteggiamenti, al modo di porsi e ai discorsi dei tre uomini intervistati. Ciò che emerge, e ciò a cui le autrici tengono molto, è che sia chiaro il fatto che il femminicidio non è frutto di un gesto inconsulto. Come sottolineato dall'autrice:
L'uomo può sempre decidere di non agire violenza, può fermarsi e rinnegarla.
In conclusione, questo è un libro che deve essere assolutamente letto. Io sono dell'idea per cui, per risolvere un problema, è necessario conoscerlo a fondo. E questo volume secondo me è un ottimo punto di partenza per tutti, donne e uomini.
Perchè ricordate:
Ci sono mille altri modi. La violenza è una scelta, una scelta da non fare.
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