Editore: Neri Pozza Narrativa
Data di pubblicazione: 1930
Mia edizione: I edizione 2010
Genere: commedia, diario
Pagine: 187
Valutazione: 5/5
Indice
Trama (dal web)*
È una madre completamente pazza dei suoi figli, ma a volte la sfiora il sospetto che i suoi "dolci bambini" siano totalmente sprovvisti di senso artistico, visto che ascoltano canzoni come Pazzo pazzo Izzy Azzy riprodotte per la bellezza di quattordici volte consecutive al grammofono. È una moglie fedele e devota, ma a volte la sgomenta il comportamento di suo marito. È un'attenta lettrice, ma di tanto in tanto le capita di fare commenti intelligenti su un romanzo come Orlando finché non lo legge, e si rende conto di non capirci un fico secco. È una casalinga senza macchia e paura, ma le accade spesso di offrire ai suoi ospiti pollo e patate crude. È una donna mondana, capace di stare in società, ma, invitata a una soirée letteraria, le capita di scambiare un'ispettrice sanitaria del governo, vestita con una specie di tappezzeria blu, per il perverso autore di "Sinfonia in tre sessi". È una madre che si sforza di non essere ansiosa coi figli, ma non può fare a meno di confrontare i capelli di sua figlia con quelli di altri pargoli, per scoprire che non esiste al mondo nessun altro che li abbia così dritti e spioventi come la sua bambina. È, insomma, la nostra cara, inarrestabile Lady di provincia, capace di assecondare il marito brontolone e accudire le sue piccole pesti organizzando feste, disastrosi pic-nic sotto la pioggia, esilaranti incontri parrocchiali.
Chi è E. M. Delafield? (dal web**)
E. M. Delafield (Edmée Elizabeth Monica Dashwood) nacque dal conte Henry Philip Ducarel de la Pasture, discendente diretto del maharaja di Purnia, e da Elizabeth Lydia Rosabel Bonham, una figlia di un diplomatico che scrisse racconti di finzione con lo pseudonimo di Mrs Henry de la Pasture. La giovane Edmée crebbe a Londra, nel Devon e nel Monmouthshire, dove studiò il francese in diverse scuole. Dopo le seconde nozze di sua madre contratte con l'Alto commissario della Malesia Hugh Charles Clifford, trascorse nove mesi in un convento in Belgio, esperienza che in seguito avrebbe riportato in un manoscritto. Nel 1914 iniziò a lavorare come infermiera, professione alla quale accostò la pubblicazione del suo primo romanzo "Zella Sees Herself "(1917). L'anno successivo seguirono "The War Workers" e "The Pelicans", due romanzi incentrati sull'amore soffocante tra due sorelle, poi fu la volta di "Consequences", la storia di una ragazza che entra in convento rinunciando alla sua vita precedente. Dopo il matrimonio con Paul Dashwood nel 1919, si trasferì in Malesia, dove diede alla luce un figlio. Nel 1922 la coppia tornò in patria stabilendosi a Croyle House, nel Devon, e due anni più tardi diede alla luce una bambina. Nel 1927 pubblicò "The Way Things Are", descritto come "il suo romanzo completamente perfetto", al quale seguirono numerosi romanzi, saggi, racconti brevi e parodie. Collaborò alla rivista Time and Tide e nel 1930 pubblicò "The Diary of a Provincial Lady". Nel 1932 scrisse il capolavoro "Thank Heaven Fasting", incentrato su una giovane donna del'età edoardiana che cerca in tutti i modi di trovare un marito, indi nel 1937 fu la volta di "Nothing is Safe", dove tratta gli effetti del divorzio sui bambini, e di un libro su un suo viaggio in Russia dell'anno precedente. Durante la seconda guerra mondiale tenne conferenze per il Ministero dell'informazione e riparò in Francia per alcune settimane. Morì di cancro nel 1943.
Recensione
Con E. M. Delafield le piccole noie famigliari della vita si trasformano in risate.
Ciò che avete appena letto è il commento del Times (nota testata giornalistica inglese), riguardante il "Diario di una lady di provincia". Parole che mi trovano assolutamente d'accordo.
Questo libro ripercorre circa un anno di vita di una donna dell'alta borghesia inglese. E' stato scitto nel 1930 ed è parzialmente autobiografico. Grazie alle sue annotazioni, la protagonista apre al lettore le porte della propria quotidianità.
Le chiacchiere con le amiche, le discussioni con il marito e le considerazioni sulla servitù sono tutti ottimi spunti per porsi delle domande esistenziali. E per mettersi costantemente in discussione, con una buona dose di aplomb tipicamente britannico.
Mi lamento a gran voce del tempo, di quanto sia freddo e sgradevole. Robert sostiene che invece è piuttosto mite, sono io che non mi muovo abbastanza. Spesso e volentieri mi è capitato di notare la curiosa e diffusa abitudine maschile di non offrire mai, in nessun caso, la propria solidarietà quando si discute dei piccoli disagi della vita.
Il diario: un particolare stile narrativo
La scelta del diario presuppone il rispetto di alcune caratteristiche. Normalmente, chi scrive lo fa per sè stesso. E infatti, il racconto si concentra eslcusivamente sulla nostra lady, che racconta ciò che le sta succedendo in quel periodo.
Non c'è, quindi, una "narrazione" nel senso classico del termine. L'autore di un diario parla di cose che già conosce, che fanno parte della sua quotidianità. E anche questo libro non fa eccezzione. Non aspettatevi, quindi, di trovare chissà che caratterizzazione dei personaggi, o ricostruzioni degli ambienti.
L'autrice/protagonista sa già di cosa sta parlando, non ha bisogno di approfondire. Ciò spiega perchè non dice il suo nome, nè che aspetto hanno i suoi famigliari o i luoghi che frequenta.
Anche lo stile di scrittura rispecchia questa scelta particolare. Non ci sono dialoghi veri e propri. La protagonista si limita a riportare stralci di conversazione, ovviamente condendo il tutto con osservazioni esilaranti. Il registro linguistico è di livello medio-basso, assolutamente non aulico. Proprio perchè, visto lo scopo stesso dello scritto, non ce n'è bisogno.
Tutti siamo un po' "lady di provincia"
L'aspetto positivo è che il lettore riesce ad immedesimarsi molto facilmente in ciò che sta leggendo. Per quanto i contesti sociali attuali siano sicuramente diversi da quelli degli anni Trenta, l'ironia e la semplicità della protagonista garantiscono il massimo coinvolgimento.
A tutti, chi più, chi meno, è capitato di sentirsi in dovere di invitare a cena qualcuno di non proprio gradito, o di avere a che fare con parenti e amici rompiscatole. Molti amano alla follia i propri figli, salvo poi confrontarli costantemente con quelli degli altri.
In modo fresco e leggero, l'autrice di questo diario ci guida alla scoperta, (o forse dovrei dire all'accettazione), di tutti quegli aspetti della personalità che meno ci piacciono, ma che ci rendono unici. Ovviamente, senza prendersi troppo sul serio.
Fidatevi di me: se deciderete di dare una possibilità a questo romanzo, vi assicuro che non ve ne pentirete.
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