Editore: Ugo Guanda Editore
Anno di pubblicazione: 2020
Mia Edizione: I edizione 2021
Genere: romanzo storico
Pagine: 349
Formato: brossura con alette
Valutazione: 4/5
Indice
Trama
Amsterdam, 1942-1943. Nella città occupata dai nazisti la vita per gli ebrei è molto difficile. Lo sa bene Betty Oudkerk, che a diciassette anni, per motivi razziali, deve lasciare anzitempo la scuola professionale per andare a lavorare come maestra d'asilo. Betty però, voce narrante di questa commovente e incredibile storia, ama i bambini e non le dispiace affatto doversene occupare. Tanto più ora che il negozio di famiglia dei genitori è stato confiscato e la situazione in casa si fa sempre più pesante. Ma la tragedia è alle porte: un giorno l'asilo viene trasformato dai tedeschi in punto di raccolta per i bambini ebrei in attesa di essere deportati. La direttrice, Henriëtte Pimentel, e le giovani maestre della scuola si rifiutano di accettare un destino così orribile per quei piccoli, ed elaborano un piano per salvarne il più possibile. Alla fine riusciranno a sottrarre ai nazisti oltre seicento bambini. Un libro che trasforma un emblematico episodio, realmente accaduto e ampiamente documentato, in un avvincente romanzo in bilico tra la vita e la morte, la crudeltà e il senso di giustizia.
Chi è Elle Van Rijn?
Elle Van Rijn, nata nel 1967 in Olanda, ha studiato alla Maastricht Theatre Academy e alla Writers' School di Amsterdam. Ha recitato in numerose serie televisive e spettacoli teatrali, prima di dedicarsi alla scrittura di romanzi e sceneggiature. Questo è il suo primo libro pubblicato in Italia.
Introduzione
Ho deciso di leggere questo romanzo più che altro per curiosità. Di solito sono molto selettiva con i libri che parlano di un argomento delicato come l'Olocausto. Preferisco le testimonianze reali alle storie basate su fatti realmente accaduti.
Ma sono anche assolutamente convinta di aver già sentito parlare dell'asilo di Amsterdam da qualche parte. Perciò, quando ho visto questo libro nella sezione novità della biblioteca, non ho saputo resistere.
Recensione
La storia
Come vi dicevo, "L'asilo di Amsterdam" è un romanzo basato sulla vera storia di Betty Goudsmit-Oudkerk, ebrea olandese che lavorò come maestra d'asilo durante la Seconda Guerra Mondiale.
Il libro ripercorre gli sforzi, i pericoli e i sacrifici che Betty e le sue colleghe fecero per sottrarre alla furia nazista i bambini affidati alla loro struttura. Il risultato è un racconto di coraggio e di resilienza, ma anche di disperazione e di tristezza, che può essere idealmente suddiviso in due parti.
Prima parte
Nella prima, Betty è una giovane ragazza alle prese con le prime conseguenze dell'occupazione tedesca in Olanda. E' allegra, un po'sfacciata, molto legata alla sua famiglia, ma determinata appassiona del suo lavoro.
Le leggi razziali si fanno, però, sempre più pesanti. La libertà degli ebrei olandesi è sempre più limitata. E la serenità è ben presto soppiantata dalla preoccupazione.
Ovviamente, tutto questo incide moltissimo sulla protagonista. Betty è costretta a crescere molto rapidamente, abbandonando in tutta fretta quell'ultimo strascico di infanzia che ancora si porta addosso.
Ogni volta che pensiamo che una misura sarà l'ultima, arriva qualche altra novità. Non scampa nessuno. […]. Io trovo fastidioso soprattutto il fatto che adesso agli ebrei sia vietato usare i mezzi pubblici, quindi non posso più prendere il tram.
In questa prima parte, quindi, lo schema è sempre lo stesso: Betty si alza, va al lavoro, torna a casa. Come contorno è stato inserito qualche episodio più o meno significativo, ma niente di più. L'attenzione del lettore è suddivisa tra la vita di Betty a casa e il lavoro all'asilo.
Seconda parte
E' nella seconda parte che il racconto entra nel vivo. Betty diventa suo malgrado testimone oculare della follia nazista, contro la quale spesso non può nulla. Non a caso, questa è la parte più drammatica di tutto il romanzo.
I tentativi di Betty e delle sue colleghe di salvare i bambini si alternano a scene di una tristezza infinita, da spezzare il cuore. In generale, l'intero romanzo è abbastanza tragico, come lo sono buona parte delle storie che, purtroppo, coinvolgono dei bambini.
Il finale per niente lieto è una degna conclusione per un libro come questo: un ottimo trampolino di lancio per approfondire un episodio della storico di cui non si parla spesso, ma che merita di essere conosciuto.
Stile di scrittura
La prima cosa che colpisce sono le audaci scelte narrative dell'autrice. Prima di tutto, i fatti sono raccontati in prima persona dalla stessa Betty. E' la sua voce che accompagna il lettore dalla prima all'ultima pagina, descrivendo ciò che vede in tempo reale.
Questa è sempre una strategia interessante, dal mio punto di vista. Una narrazione al passato per certi versi tranquillizza il lettore: se il narratore sta parlando, significa che non gli è successo nulla. Ma se la storia è raccontata al presente, non si ha mai la certezza di niente.
Ogni capitolo è poi introdotto da una data e da un breve trafiletto in corsivo. Una specie di pagina di diario, con lo scopo di aiutare il lettore contestualizzare gli eventi.
Tutti questi elementi fanno si che l'attenzione si concentri esclusivamente su Betty. Questa è un'arma a doppio taglio. L'autrice lascia infatti pochissimo spazio agli altri personaggi. Di loro, il lettore sa solo ciò che anche Betty sa o vede, ma nulla di più.
Questa considerazione mi porta ad affrontare gli aspetti che meno mi sono piaciuti di questo libro. Nonostante lo abbia sicuramente apprezzato, non è stata una delle mie letture migliori. E ora vi spiego perchè.
Lati negativi
Sono molto i lati negativi che non ho potute fare a meno di notare.
Come già vi accennavo prima, la scarsa caratterizzazione dei personaggi mi ha parecchio disturbata. Avrei preferito in questo senso una narrazione più completa, che esplorasse anche il pensiero e i sentimenti delle altre persone coinvolte, il cui ruolo è stato tutt'altro che marginale.
Questo discorso vale anche per Betty. La narrazione molto veloce tralascia purtroppo l'analisi della sua psicologia. Non ci sono momenti di riflessione, o descrizioni dei suoi sentimenti, tranne qualche sporadico accenno qui e là. Cosa che mi ha trasmesso un notevole senso di incompletezza.
In sostanza, avrei voluto meno "romanzo" e più "realtà". Cosa provava veramente? Come reagiva di fronte al pericolo che tutti correvano, anche solo uscendo dai cancelli dell'asilo per una passeggiata? Quali erano i suoi pensieri, le sue emozioni, quando nessuno la guardava o mentre si occupava dei bambini?
Domande alle quali purtroppo non ho trovato risposta.
Altro lato negativo riguarda la scarsa contestualizzazione storica. Avrei preferito un maggiore approfondimento di alcuni dettagli tecnici. Per esempio, come operava Consiglio Ebraico, il funzionamento della Sperre, e in generale un accenno alla situazione socio-politica esterna all'asilo.
L'autrice offre pochissimi riferimenti in questo senso. Personalmente, alcune cose le conoscevo per aver letto altri libri. Ad esempio, ho colto il riferimento alla Colonne-Henneike solo perchè ne avevo già sentito parlare in "Chi ha tradito Anne Frank?"
Infine, ci sono pochissimi accenni alle attività interne all'asilo. Poco o nulla viene detto sulla sua organizzazione interna. Tutto riguarda solo ed esclusivamente Betty, e il resto sembra quasi passare in secondo piano.
Certo, il libro non è un saggio. Prende semplicemente spunto da una storia vera. E' normale che l'autrice abbia dovuto riempire i vuoti in qualche modo. E' lei stessa a dirlo:
Nel mio romanzo ho cercato di rendere onore alla storia dell'asilo e delle persone coinvolte. I contesti famigliari che ho descritto e i dialoghi esulano dalla portata della ricerca. Il romanzo, per sua natura, mi ha consentito di ricreare quel che poteva essere accaduto o le parole che potevano essere state dette, ma che avrei potuto ricostruire solo con la mia fantasia
Tuttavia, l'impressione che ho avuto è stata di una generale superficialità, che ha caratterizzato tutto il racconto. Inadeguata, considerato il tema centrale della storia.
Conclusione
Nonostante i miei dubbi, questo resta comunque un buon libro. Il mio consiglio è di leggerlo prendendolo per quello che è: un romanzo storico che dimostra ancora una volta come il coraggio di pochi può molto contro la follia delle ideologie.
Fonti
Foto dell'autrice: https://commons.wikimedia.org/wiki/File:Elle_van_Rijn_4.jpg
Foto di Betty: https://en.wikipedia.org/wiki/Betty_Goudsmit-Oudkerk
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