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Immagine del redattoreElena Barocelli

Gioco estremo


Editore: Giunti

Anno di pubblicazione: 2001

Mia Edizione: I edizione 2001, 6° ristampa 2004

Genere: ragazzi, giallo

Pagine: 141

Formato: copertina rigida con sovraccoperta

Valutazione: 2/5



Indice

Trama (dal libro)

Roberta è morta. E' la sua inseparabile amica che la trova a scuola, impiccata alla lavagna. Lo shock per tutti i compagni è grande, ma in special modo per il gruppetto di amici inseparabili, "persi" per i giochi virtuali. Perché Roberta si è spinta fino a questo punto? Forse è rimasta vittima di un gioco estremo? Il commissario Marchetti, incaricato per le indagini sul caso, non tralascia alcuna pista, compresa quella dell'omicidio. Si scopre che la ragazza, intelligente e molto affascinante, era in grado di creare turbamenti ovunque andasse, tra giovani e adulti, alunni e professori e forse qualcuno, fin troppo coinvolto, è andato oltre le sue intenzioni.


Chi è Ferdinando Albertazzi?

Ferdinando Albertazzi

Il meccanismo del romanzo d'azione (dal giallo al poliziesco al thriller) per raccontare storie forti e coinvolgenti, dal ritmo serrato, con una scrittura limpida e asciutta. Storie in cui il lettore si riconosce nei protagonisti, li fa suoi, tifa per loro. Così Ferdinando Albertazzi ha narrato l'emarginazione dei più deboli in "Ricatto al mondo" (Giunti, collana gru), l'ombra nell'animo del serial killer in "S.E.T.T.E." e le valenze rivoluzionarie della complicità in "Doppio Sgarro". Sono romanzi per "sentire" la realtà con l'occhio indagatore dell'immaginazione, come questo "Gioco Estremo" che narra i ragazzi fino a dare loro la parola.


Introduzione

La prima volta che ho tentato di leggere questo libro avevo undici anni. All'epoca non sono riuscita a terminarlo, e da allora mi è sempre rimasto il cruccio di non averlo finito. Di conseguenza, quando l'ho scovato in biblioteca, ne ho approfittato.


Onestamente, l'ho sempre ricordato come un racconto veramente spaventoso. Pensate che mi aveva fatto venire addirittura gli incubi. Cosa che non mi è mai capitata, con nessun altro libro. Ed è con queste prospettive che ho cominciato a leggerlo.


Purtroppo, però, sono rimasta terribilmente delusa.


Recensione

Sono molti gli elementi che permettono di definire "bello" un libro. Il giudizio soggettivo dei lettori è, forse, il più importante. Ma non l'unico.


Ci sono tanti altri aspetti da considerare: storia, personaggi, registro linguistico, stile, ecc...

E incredibilmente questo libro è stato un fallimento su tutti fronti.


Specifico che questa è una mia opinione personale. Non è una realtà assoluta. Ognuno è libero di pensarla come vuole. Perciò, se avete letto il libro e volete condividere le vostre idee, potete farlo commentando questo articolo, oppure i post nei social.


La trama

Partiamo dalla trama: assolutamente fuorviante, secondo me.

L'evento centrale del racconto è il ritrovamento del corpo di Roberta. La ragazza, con i suoi tre amici, partecipava ad un gioco di ruolo. Il quale sembrava essere parte integrante della narrazione.


Tuttavia, così non è. Ci sono pochissimi accenni in tutto il testo a questo gioco, ridotto a un dettaglio poco significativo. Ma tant'è: ne ho lette a bizzeffe di trame scritte male. Il vero guaio è che i problemi non finiscono qui.


La caratterizzazione dei personaggi

Per scrivere un buon romanzo, secondo me, l'autore deve essere in grado di coinvolgere il lettore. Deve farlo sentire partecipe. Fare in modo che il racconto lo assorba del tutto, estraniandolo da ciò che lo circonda. A questo scopo, non è sufficiente la sola storia, per quanto basata su solide fondamenta. Sono i personaggi che fanno la differenza.


E qui, come si dice, casca l'asino. Ora, mi rendo conto che si tratta di un libro per ragazzi. Quindi, è assolutamente normale che un adulto non riesca ad apprezzarlo del tutto. Ma questa volta proprio non ci siamo.


I giovani studenti presenti nel racconto non sono per niente definiti. L'autore si limita a descrivere solo qualche caratteristica fisica, e pochi tratti del loro carattere. Non sappiamo letteralmente nulla di loro: gli interessi, le amicizie, i rapporti con gli altri compagni di classe… Insomma, tutto ciò che compone l'universo di un ragazzo in età scolare rimane un mistero.


Questa scarsa caratterizzazione colpisce, tuttavia, anche gli adulti del libro. Pure in questo caso, l'autore si limita a qualche scarna descrizione sia fisica, che caratteriale. E quel poco che racconta permette al lettore di capire come andrà a finire la storia già a metà libro.


L'unico personaggio su cui Albertazzi si sia veramente concentrato è il commissario Marchetti. E' lui il vero protagonista. Una persona adulta, e per di più un poliziotto. Quanto di più distante possibile dal mondo dei giovani, nel quale cerca di inserirsi, per conoscerne il modo di pensare e agire.


E qui sorge un altro problema. Il libro è destinato a ragazzi che hanno compiuto almeno tredici anni. Ma i protagonisti del racconto ne hanno come minimo diciassette. E quattro anni di differenza, durante l'adoscelescenza, sono un abisso. Come si può pensare che un lettore tredicenne si immedesimi in un diciassettenne?


Ma non è finita: la differenza d'età si riflette anche nel modo di esprimersi e di pensare. Estranei entrambi ad un ragazzino che ha appena completato le scuole medie. Per non parlare di alcune scene che mi hanno spaventata parecchio.


Spesso i ragazzi nel libro associano la morte alla cattura del Drago Viola, il mostro immaginario protagonista del loro gioco. Il suicidio è a più riprese descritto come una forma di elevazione spirituale. Addirittura, all'inizio del racconto, fingono di metterlo in pratica.

[…] Te lo metti in testa o no, che per loro uccidersi è la più devastante delle disfatte, mentre per noi è il trionfo! Il trionfo che ci invidiano...

Ma quello che mi preoccupa di più è la mancanza di una controparte adulta che distolga i ragazzi da queste idee.


Purtroppo, in questi tempi moderni le notizie di sfide estreme finite male sono molto frequenti. E un libro che trasmette un messaggio come questo, oggi come oggi non può che farmi paura.


Il registro linguistico

Il registro linguistico utilizzato è un altro bel paio di maniche. In alcuni punti era veramente troppo elevato per un libro per ragazzi. E questo ci riporta al problema di prima. E' assolutamente inverosimile che degli adolescenti si esprimano come un libro stampato. O meglio, qualcuno si. Ma non tutti indistintamente.


Per di più, non c'è una pagina senza una qualche riflessione filosofica. Sia chiaro, non ho niente contro la filosofia. Ma in questo caso, ce n'è veramente troppa. Il che, da un lato, rende difficile capire cosa si sta leggendo; dall'altro, mi pare incoerente, considerando che si tratta di un giallo.


Problemi di… struttura

Anche il modo in cui è strutturato il romanzo non aiuta. Non appena ho iniziato a leggerlo, ho avuto la sensazione che mancasse qualcosa.


In effetti, il libro fa riferimento a fatti ed episodi antecedenti il racconto. Sembra quasi di stare leggendo il secondo volume di una qualche saga o trilogia. Ma così non è. E questa scelta narrativa rende molto difficile orientarsi. Gli eventi iniziali sono raccontati in modo confuso, non lineare. Non si riesce a capire bene dove l'autore vuole andare a parare.


Tutto il libro si concentra esclusivamente sulle indagini del commissario. In sostanza, il libro non è altro che un susseguirsi di interrogatori e di dialoghi tra Marchetti, i professori e i ragazzi. Non c'è una "storia" nel vero senso della parola.


Ma la cosa che più mi disturba in assoluto è il modo in cui l'autore affronta un argomento veramente molto delicato come la tentata violenza. Cercherò di non inserire spoiler, ma non sono certa di riuscirci. Nel dubbio, vi evidenzio di seguito la fine del paragrafo, così non vi bruciate il finale.

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Il modo in cui l'autore ha ricostruito la scena dell'omicidio di Roberta mi ha dato un grandissimo fastidio. La sensazione che ho avuto io è che stesse quasi "incolpando" la ragazza di aver provocato il professore. Certo, alla fine del libro viene specificato che l'atteggiamento dell'insegnante era sbagliato in principio. E che tutte le attenzioni che riservava a Roberta erano sintomo di questo interesse perverso.


Però... però. Questa parte del racconto mi lascia veramente molto perplessa. Non è poi così chiaro come si siano svolti i fatti, dato che questa non è una parte di pura narrazione, ma la presentazione dei ragionamenti del commissario. Secondo me, questo tema è troppo delicato, e doveva essere affrontato in un altro modo.

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Considerazioni finali

In conclusione, credo di aver capito perchè il libro mi aveva spaventato così tanto da piccola. E sono strafelice di non averlo letto allora. Non sarei stata sicuramente pronta per una cosa del genere. E considerando tutto quello che ho scritto prima, se avete voglia di un bel giallo, vi consiglio di cercarlo altrove.


Fonti

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